Per sommi capi, e in maniera riassuntiva, potremmo dividere la storia urbanistica di Siracusa in tre periodi distinti: il primo, procedente dalla sua fondazione all’invasione araba. Il secondo compreso fra questa ultima e il 1940; il terzo, infine, interessante il nostro tempo. Il perché di questa grossolana distinzione propedeutica è nella constatazione che alla fondazione della città, al periodo di Gelone e di Dionisio il Vecchio, Siracusa raggiunse la propria massima estensione; la città comprendeva allora cinque grandi quartieri, l’Ortigia, la Tyche, la Neapoli, l’Epipoli, l’Acradina con un numero elevatissimo di abitanti; la città aretusa superava la stessa Atene per prosperità e potenza.
Siracusa rimase grande anche sotto i romani che vi impiantarono grandi costruzioni (l’anfiteatro, il ginnasio, il foro) e che sistemarono urbanisticamente alcune zone della Neapoli.
In periodo bizantino Siracusa subì un notevole declino, del resto comune a tutte le altre città dell’Occidente, Bisanzio esclusa, per tramontare definitivamente, nel suo ruolo di grande città, solo con l’avvento degli arabi. L’invasione araba, nota Bernabò Brea, seminando ovunque distruzioni e stragi, riduce le città della Sicilia a cumuli di rovine. Si dice che novanta siano state quelle rase al suolo. La maggior parte di esse scomparve per sempre. Il volto della Sicilia cambia radicalmente. Ogni tradizione viene interrotta. È il cataclisma che segna nell’isola la fine della civiltà antica.
In effetti (anche se volendo parlare di frattura con il passato greco e classico questa potrebbe essere intesa più nel cristianesimo che con l’invasione islamica), gli arabi espugnarono una città che ormai era il fantasma del proprio grande passato storico e urbanistico: i grandi quartieri dove un tempo pulsava la vita della città greca deserti di abitanti, la vita economica ridotta allo stremo.
La grande Siracusa limitò, da allora, la propria vita urbanistica alla sola Ortigia, ritenuta da quel momento in poi la sola “città”, e a una parte di Acradina, intesa ormai più come un sobborgo che come parte di un tutto urbanistico.
Questa seconda “fase”, che al suo interno vedrà nel Trecento, nel catalano e nel barocco, i propri momenti migliori, durerà fino alla fine del secondo conflitto mondiale, quando la presenza di nuovi insediamenti industriali innescherà la deflagrazione urbanistica di Siracusa e ne costituirà il “terzo momento” urbanistico. La città in quindici anni raddoppia la propria popolazione e vede l’abitato dilatarsi rapidamente dai più antichi insediamenti fino entro i limiti dell’area della vecchia città greca. I gloriosi quartieri della pentapoli verranno ripopolati e la vita economica della città riprenderà vigore.
Elio Tocco