Vent’anni erano scorsi dalla morte di Timoleonte, e le fazioni di Sicilia eransi ridestate più odiose (E. De Benedictis).
Soltanto nel 317 un nuovo tiranno, che questa volta assumerà il titolo di “re”, potrà prendere nelle proprie mani la direzione della cosa pubblica siciliana: Agatocle. Di lui scrive Polibio: Agatocle, come dice deridendolo Timeo, essendo vasaio, venne ancor giovane a Siracusa dopo aver lasciato la ruota, la terra, il fumo. Dapprincipio divenne … tiranno di Siracusa, città che aveva acquistato allora grandissima fama ed immense ricchezze, poi fu … proclamato re di tutta la Sicilia … Agatocle non solo tentò di fare conquiste in Africa, ma morì nel fulgore del suo potere. Si dice che Scipione, il primo che vinse i cartaginesi, essendogli stato chiesto chi egli ritenesse più abili ed assennatamente coraggiosi fra gli uomini, abbia nominato i siciliani Agatocle e Dionigi.
Il lungo regno di Agatocle a Siracusa (317-289 a. C.) ebbe in sé qualcosa di straordinario, rispetto alle precedenti dominazioni, e può riassumersi in queste caratteristiche:
1) Agatocle fu il primo tiranno che assunse per sé e per i suoi successori il titolo di “re”. Tanto fu fatto dato il cambiamento dello stesso mondo politico greco e orientale, dove l’avventura di Alessandro aveva lasciato dietro di sé una serie di grandi potentati ognuno dei quali dominati da un despotato ereditario;
2) l’impegno costante e che tutto assorbì delle forze siciliane, fu quello volto contro i cartaginesi, contro i quali Agatocle giocò l’inusitata carta dello sbarco in Africa (mentre un esercito punico assediava per l’ennesima volta Siracusa) e dell’alleanza in loco con un potente locale: Ofella (anch’egli residuo dell’ellenizzazione militare di Alessandro) contro Cartagine;
3) il carattere di alleanza con la classe popolare, contro l’aristocrazia, fino ad allora padrona di Siracusa, che venne colpita ripetutamente dal nuovo re;
4) l’estrema sicurezza della sua posizione personale, dato l’appoggio dell’elemento popolare. Agatocle fu, forse con Timoleonte, l’unico reggitore politico di Siracusa a non doversi costantemente circondare di una guardia del corpo e a non dovere vivere chiuso in poderose fortezze costruite più per tenere a freno la città che per difenderla dai nemici esterni.
Quello di Agatocle fu l’ultimo periodo durante il quale Siracusa determinò da sé la propria politica, fu padrona del proprio destino, visse l’ultimo atto della propria grandezza, affrontò i propri nemici, costruì la propria storia. Dopo di allora mai più, fino alla breve parentesi normanna, l’isola potrà essere fattrice del proprio destino politico.
Il periodo di Agatocle, dopo il primo momento di assestamento al potere, dopo cioè l’eliminazione delle fazioni contrarie (che erano tutte aristocratiche) fu intenso e caratterizzato da una forte ripresa in tutti i campi.
Gli unici lavori che con certezza possiamo fare risalire a quel periodo sono lavori militari di fortificazione del porto piccolo. Probabilmente il re non fece altro che riattivare quelle fortificazioni che aveva già realizzato Dionigi il Vecchio e che Timoleonte aveva distrutto.
È da ricordare, infatti, che la fortezza sbarrante l’istmo d’Ortigia era collegata con il porto piccolo, così da consentire all’isola di avere un porto proprio e di non subire assedi. Le torri fatte costruire da Agatocle dovettero quindi prendere il posto della precedente più vasta fortezza, che tuttavia egli non volle farsi ricostruire, probabilmente perché non ne ebbe più necessità.
Un’altra notevole attività del tempo di Agatocle riguarda il tempio di Athena, i cui muri interni furono tutti ricoperti da una serie di quadri raffiguranti le sue imprese contro i punici. Scrive il De Benedictis: Narra Tullio che in Ortigia era il tempio di Minerva … dove in alcune tavole era dipinto con mirabile artifizio il combattimento equestre del re Agatocle e quelle tavole ornavano le pareti del tempio.
La politica estera di Agatocle, caratterizzata dalla ininterrotta guerra ai cartaginesi, fu di grande importanza per Siracusa, infatti egli estese il suo regno in Italia; conquistò Leucade e Corcira, dando quest’ultima in dote alla figlia Lanassa quando sposò il re dell’Epiro, Pirro, cugino ed unico parente ancora vivo di Alessandro il Grande; egli stesso prese come terza moglie una figlia … di Tolomeo. Molte ricchezze affluirono da diverse fonti in misura sufficiente da mantenere grandi eserciti e flotte. Ma alla sua morte tutto ciò che aveva edificato perì con lui.(M. Finley)
Alla morte di Agatocle, le rinnovate lotte civili (278-276) per la successione al potere portarono il potente Pirro a scendere in Sicilia dall’Italia meridionale dove in due grandi battaglie aveva sconfitto, sia pure a caro prezzo, le legioni romane.
Ma nemmeno al nuovo re di Sicilia, reputato da Annibale il più grande fra i generali del tempo, accadde di potere scacciare i cartaginesi dall’isola, risultando inespugnabile la roccaforte di Lilibeo, rifornita costantemente dal mare dalle intatte flotte puniche.
Ritornato Pirro in Italia dove di lì a poco sarebbe finita la sua avventura in Occidente, a Siracusa, scrive Polibio, Gerone … acquistò primieramente per conto proprio il potere a Siracusa e sugli alleati. .. soltanto per i suoi meriti, senza avere ucciso, esiliato, offeso alcun concittadino. Egli divenne, cosa incredibile, signore di Siracusa e, cosa ancora più incredibile … seppe conservare [il potere]. Per cinquantaquattro anni di regno egli mantenne infatti alla patria la pace, conservò il potere senza che gli venisse tesa insidia alcuna . Giunto ad altissimo potere, a grande splendore e ricchezza, visse per più di novant’anni e riuscì a conservare tutti i suoi sensi intatti e sana ogni parte del corpo.
Ormai i tempi erano profondamente mutati. Siracusa non poteva che rivestire un piccolo ruolo in quel titanico scontro fra i blocchi romano e cartaginese della prima guerra punica.
Meriti enormi di Ierone furono in primo luogo l’essersi alleato con la parte vincente, i romani, e in secondo luogo di aver saputo tenere lontano il suo piccolo regno, comprendente un territorio andante da Taormina a Noto, dalle enormi devastazioni di quella terribile guerra.
Proprio per questo motivo e per le stesse condizioni politiche generali dove ogni anno di guerra vedeva gettati sul mercato enormi bottini (Fin1ey) e anche raccogliendo l’eredità dei periodi precedenti e segnatamente quelli di Timoleonte e Agatocle, Siracusa prosperò e fu in grado, per tutta la durata della prima guerra punica e per parte della seconda, di mandare cospicui aiuti a Roma.
La consistenza dello stato di Ierone si rileva facilmente dalla cospicuità delle donazioni fatte ai romani durante la seconda guerra punica: Nel 216 – scrive Finley – un convoglio arrivò a Ostia da Siracusa con 1000 arcieri e frombolieri mercenari, 300.000 modii [circa 72.500 stadi] di grano e 200.000 di orzo, nonché una statua d’oro della Vittoria che fu collocata nel tempio di Giove … sul Campidoglio.
Sono certamente lontane le cifre dei soldati offerte da Gelone ai greci, ma occorre tenere presenti due fattori: in primo luogo l’impegno di Ierone era volto più verso il mantenimento dell’amicizia con Roma, fino ad allora vittoriosa, che ne potesse garantire la neutralità, anziché verso un reale impegno militare; in secondo luogo lo Stato di Siracusa era molto più piccolo di quello dei grandi tiranni e in Sicilia, colpita da devastazioni di ogni genere, la sola grande città che rimaneva era proprio Siracusa.
Ierone, che per tutta la vita strinse un sodalizio di collaborazione con Archimede, in pegno della propria ricchezza, e forse un tantino per eguagliare la potenza passata di Siracusa, si fece costruire la più grande nave dell’antichità: la grande Siracusana, in seguito regalata a Tolomeo d’Egitto, che possedeva l’unico porto in grado di fornire l’approdo: Alessandria. Si pensi che la nave stazzava circa 3300 tonnellate contro le 1500 della nave più grande costruita nel 1514, il Great Harry.
Il periodo di Ierone fu fra i più rilevanti per la storia urbanistica di Siracusa. Ad Ortigia il re si fece ricostruire la fortezza di Dionigi, che probabilmente ebbe più l’aspetto di palazzo fortificato che di fortezza vera e propria. Sempre in Ortigia Ierone fece costruire dei vasti granai, tali da contenere le merci che avrebbero poi dovuto servire alle armate romane. L’intera isola ridivenne la sede del sovrano, del suo tesoro e dei suoi depositi.
Nella zona dell’antica agorà di Acradina egli fece costruire un tempio dedicato a Giove Olimpico, andato poi distrutto. Ma l’intervento di gran lunga più importante del tempo di Ierone fu la sistemazione urbanistica della zona monumentale della Neapoli, i lavori di ampliamento del teatro greco, la costruzione dell’area detta di Ierone.
A riguardo del teatro alcuni studiosi affermano (Rizzo, Bulle) che il teatro venne edificato interamente da Ierone, mancando prima di allora una vera e propria struttura in pietra dell’edificio.
Secondo l’Arias, invece, nel 230 si sarebbe avuto un rimaneggiamento del teatro, la cui capienza venne enormemente aumentata e portata a quindicimila posti. Secondo B. Brea, invece, il teatro attuale è opera di mirabile armonia architettonica ed è nato certo in esecuzione di un piano unitariamente concepito … la costruzione del teatro sarebbe da porre … fra il 238 a.C. e il 217, anno della morte di Gelone.
Il teatro venne anche collegato con una serie di portici e di vie alla terrazza sovrastante: Al limite superiore del teatro … si apre una vasta terrazza sulla quale si innalzavano due porticati o stoà disposti ad angolo retto e sorretti da pilastri. .. lo stoà siracusano … serviva ad ornare la piazza di passaggio lungo la salita del Temenite; qui convergevano una scala che scendeva da est, la via dei sepolcri che saliva al colle e la via sacra proveniente dall’ara di Ierone.(T. Fiori)
Nella parte rocciosa di fondo facente da naturale quinta allo scenografico stoà fu ricavato il mouseion, una grotticella dalla quale ancora oggi fuoriesce abbondante acqua ed allora decorata a motivi geometrici e da statue di Muse.
Più in basso lerone fece costruire un’enorme ara votiva, lunga 198 metri e larga 23. Utilizzata per i pubblici sacrifici, vi si potevano sgozzare fino a 450 buoi per volta, l’ara era costruita in parte scolpendo la roccia, in parte con pietre squadrate. La piazza antistante serviva al popolo perché potesse assistere ai sacrifici. Questa era di forma irregolare e lo stesso piano del piazzale non venne livellato; sarà, la sistemazione urbanistica di questa piazza, compito dei romani. Due vie, la via Sacra e la via dei Sepolcri, collegavano la sommità della terrazza del colle Temenite con il piazzale dell’ara di Ierone.
L’eredità positiva di Ierone, l’ultimo periodo di splendore di Siracusa, verrà dispersa subito dopo dal successore Ieronimo che, come già il suo figliolo Gelone, manifestò sentimenti antiromani e che si alleò con i tradizionali nemici di Siracusa: i cartaginesi. I tempi erano difficili per Roma.
Annibale era passato di successo in successo ed un eventuale cedimento del fronte siciliano avrebbe costituito il collegamento fra le basi nord-africane e le sue postazioni italiane, con conseguenze per Roma pesantissime. E Roma non volle correre questo rischio. Intervenne in forze a Siracusa e, per la prima volta nella sua storia, la città dei tiranni venne presa e saccheggiata.
Elio Tocco