La piccola isola di Ortigia, sulla quale i corinzi guidati da Archia avrebbero piantato le tende, nel 734, era già stata a lungo sede di insediamenti umani, come a più riprese hanno provato ritrovamenti archeologici, massimamente quelli di Paolo Orsi, reperiti nelle vicinanze della cattedrale.
Ad ogni modo, se di questi antichissimi insediamenti ci rimangono soltanto le tracce ellittiche delle capanne preistoriche è solo da quel mitico 734 che la storia di Siracusa comincia a scorrere.
Siracusa, come annotai Luigi Bernabò Brea, venne fondata dentro la scia di quel fatto storico di incalcolabile importanza che fu la colonizzazione greca; certamente, anche se non è questa la sede per affrontare un argomento complesso come quello relativo alla genesi sociale e politica di questa colonizzazione, qualcosa occorrerà dirne per chiarire meglio il quadro storico entro il quale collocare la nascita di quella che sarebbe presto diventata la metropoli più importante del mondo greco.
In questa prima fase Ortigia conservò il ruolo di “centro”, ove erano gli edifici di maggior spicco, mentre Acradina, nato come sobborgo, era un quartiere di abitazione. L’isola era già stata nell’ottavo secolo, unita alla terraferma mediante una colmata di terra; in seguito verranno costruiti dei veri e propri ponti.
La città doveva ricalcare lo schema consueto dell’abitato di tipo greco e i ritrovamenti a mano a mano venuti fuori ne paiono confermare l’assetto.
In Ortigia l’abitato trovava il proprio centro civile nell’agorà, che supponiamo sia stata realizzata secondo i consueti canoni urbanistici; un’ampia piazza circondata da tre lati da edifici e aperta dal quarto lato. L’agorà di Ortigia si trovava vicino al tempio di Apollo che, già realizzato alla fine del VII secolo (e probabilmente terminato nei primi tempi del VI), rimane il più antico fra i templi siciliani e uno dei più arcaici dell’intera area culturale greca.
La morfologia della zona (l’attuale piazza Pancali) doveva essere molto diversa da quella attuale; il piano stradale era circa due metri più in basso che non il piano viario odierno e il mare vi entrava più profondamente, quasi lambendo l’imponente massa del tempio di Apollo.
Leggermente posteriore al tempio di Apollo è quello di Zeus Olimpico, realizzato su di un’altura sovrastante il fiume Anapo, dirimpetto al porto grande.
Un altro punto di rilevante importanza urbanistica, dopo l’agorà, e sempre in Ortigia, era costituito dal primitivo tempio di Athena, sorto in un luogo già carico di memorie religiose, poco discosto dall’attuale Athenaion di Gelone. Questo primitivo Athenaion, probabilmente realizzato nel VI secolo, si trovava nella zona dell’attuale cortile del palazzo arcivescovile e in parte ricadeva nell’attuale via Minerva.
Tutti questi templi arcaici (l’Olimpeion, l’Athenaion, l’Apollonion) oltre a precise peculiarità costruttive (ravvicinamento delle colonne, consistenza del loro spessore ecc.) erano altre caratteristiche comuni quali la copertura realizzata da travi e da assi di legno rivestite da lastre di terracotta sempre decorata a vivaci colori. Le stesse colonne e le trabeazioni realizzate in pietra locale (Bernabò Brea) erano stuccate e dipinte.
Un altro tempio era vicino a questo primitivo Athenaion nella zona dell’attuale palazzo del Senato. Il tempio ionico – scrive Brea – la cui dedica rimane tuttora ignota, fu probabilmente, come quello che si conserva a breve distanza, un Athenaion, il secondo in ordine di tempo; è uno dei rari esempi di questo ordine conservato in Occidente e risale alla seconda metà del VI secolo, all’epoca in cui le forme d’arte microasiatiche stabilirono una koiné nel Mediterraneo. Sono superstiti i frammenti di un enorme capitello e la parte inferiore di una colonna, che ha la caratteristica di essere rivestita, fino a una certa altezza, da una fascia non scanalata, nella quale dovevano trovare posto . sto dei bassorilievi, appunto come tal uni grandi tempi i dell’ Asia Minore. Il tempio, contemporaneo di santuari celebri come l’Heraion di Samo e l’Artemision di Efeso … non fu mai portato a termine.
L’estensione del quartiere di terraferma è con una certa facilità rilevabile dalla topografia delle due necropoli arcaiche, quella del Fusco, nei pressi dell’attuale cimitero, e quella detta del Giardino di Spagna, più recente della prima e ubicata nell’area oggi occupata dall’ospedale civile. Di recente, proprio entro il recinto dell’ospedale, sono venute fuori talune strutture di questa necropoli arcaica.
Sia Ortigia che Acradina erano circondate da mura, le stesse che molto più tardi, dal 416 al 413, sosterranno l’urto degli ateniesi guidati da Nicia.
Ma il provvedimento più interessante, dal punto di vista urbanistico, della attività di Gelone fu la decisione di spostare l’agorà da Ortigia, ormai troppo piccola, e decentrata rispetto ai nuovi centri di più recente urbanizzazione, ad Acradina. La zona di questa nuova agorà dovrebbe essere quella ubicata fra l’attuale palazzo della provincia, la via Elorina, il Pantheon dei caduti.
Diodoro Siculo ci narra con dovizia di particolari come la costruzione di questa immensa opera e dello stesso Eurialo abbia mobilitato l’intera popolazione di Siracusa, perché venisse realizzata con la massima segretezza e nel più breve tempo possibile. Dalle Latomie vennero cavate cinque milioni di tonnellate di blocchi di calcare ed esse vennero allora ad assumere la vastità che oggi è osservabile.
Altre attività edilizie si ebbero nell’ Acradina, dove furono realizzati dei portici, nella zona dell’attuale tempio ai caduti, probabilmente in relazione all’attigua agorà; un grande ginnasio venne costruito nella Neapoli.
Siracusa conobbe quindi il suo assetto urbanistico definitivo e la sua massima espansione; Ortigia viveva avulsa dal resto della città, sede dei più importanti templi e del tiranno con la sua corte, volgente verso terra le proprie mura turrite concluse dal lato di terraferma dalla grande fortezza.
Il centro urbano, era questa una tendenza già viva in tempi più antichi, si spostò definitivamente in Acradina, il quartiere più antico di terraferma, che aveva centro nell’agorà.
Il quartiere della Neapoli si avviava già a essere la zona più monumentale dell’intera città e la Tyche, perdendo il suo antico carattere di autonomia, venne a essere pienamente innestata sul tessuto urbano circostante. Infine era nato un nuovo vasto quartiere, l’Epipoli, che però non doveva essere fittamente popolato.
Tutto il sistema murario d’Ortigia, consistente a quanto pare in una doppia muraglia rafforzata da torrioni quadrati e saldamente ancorata alla fortezza sull’imboccatura dell’istmo, si apriva alla città attraverso un’unica porta fortificata, costituita da un sistema di cinque archi e chiamata Pentaplya, poco distante dall’agorà. Il sistema di fortificazioni di Orti- gia diede ottimi risultati e non venne mai superato d’assalto
Ad ogni modo sia l’importante viaggio di Platone in Siracusa sia la descrizione analitica della guerra civile fra la fazione di Dione e quella di Dionigi II appartengono più alla storia civile che a un profilo storico dell’urbanistica di Siracusa.
Certo è che in tutto questo periodo nulla di nuovo venne realizzato, e per le condizioni della città che andarono deteriorandosi sotto l’incalzare della guerra civile, e perché le uniche costruzioni allora veramente utili al potere, le fortezze, erano già state realizzate da Dionigi il Vecchio con grande perizia e notevole visione politica.
Quell’afforzamento di Ortigia, in particolare, fu indispensabile per mantenere in piedi il traballante potere centrale di Dionigi il Giovane che altrimenti sarebbe stato travolto dalla reazione armata di Dione. Lo stesso Dione, conseguito il comando nella città, si guardò bene dallo smantellare le fortificazioni di Ortigia, come il popolo chiedeva, ben sapendo quale potente aiuto esse fossero nel mantenimento del potere. Assassinato Dione nel 354 tornò al potere Dionigi il Giovane, che subito si dovette rinchiudere nella fortezza di Ortigia a causa di una nuova sommossa guidata da Iceta.Appare chiara, da tutta questa serie di interminabili lotte, quanto precario fosse ormai il potere dello Stato nel momento in cui al governo non vi fosse un tiranno di grande prestigio e di polso fermo.
Dal punto di vista urbanistico l’epoca di Timoleonte fu rilevante. L’avventuriero corinzio per prima cosa volle abbattere la fortezza dei tiranni in Ortigia; secondo Plutarco egli fece dar voce da un banditore pubblico che tutti i siracusani desiderosi di dare una mano all’opera, dovessero recare piccozze, picconi e altri strumenti per aiutarlo a demolire le fortificazioni dei tiranni. .. ed essi non soltanto abbatterono il castello, ma rovesciarono i palazzi e i monumenti adiacenti e qualsiasi altra cosa potesse serbare memoria dei precedenti tiranni. Nell’area ricavata dalla distruzione della fortezza di Dionigi, il corinzio fece costruire delle corti di giustizia.
Il periodo di Agatocle, dopo il primo momento di assestamento al potere, dopo cioè l’eliminazione delle fazioni contrarie (che erano tutte aristocratiche) fu intenso e caratterizzato da una forte ripresa in tutti i campi.
Gli unici lavori che con certezza possiamo fare risalire a quel periodo sono lavori militari di fortificazione del porto piccolo. Probabilmente il re non fece altro che riattivare quelle fortificazioni che aveva già realizzato Dionigi il Vecchio e che Timoleonte aveva distrutto.
È da ricordare, infatti, che la fortezza sbarrante l’istmo d’Ortigia era collegata con il porto piccolo, così da consentire all’isola di avere un porto proprio e di non subire assedi. Le torri fatte costruire da Agatocle dovettero quindi prendere il posto della precedente più vasta fortezza, che tuttavia egli non volle farsi ricostruire, probabilmente perché non ne ebbe più necessità.
Il periodo di Ierone fu fra i più rilevanti per la storia urbanistica di Siracusa. In Ortigia il re fece ricostruire la fortezza di Dionigi, che probabilmente ebbe più l’aspetto di palazzo fortificato che di fortezza vera e propria. Sempre in Ortigia Ierone fece costruire dei vasti granai, tali da contenere le merci che avrebbero poi dovuto servire alle armate romane. L’intera isola ridivenne la sede del sovrano, del suo tesoro e dei suoi depositi.
Elio Tocco